La 6° edizione della Lunga Notte delle Chiese si terrà venerdì 4 giugno 2021 con la speranza che si possa tornare a vivere questa giornata insieme in presenza, all’interno dei nostri meravigliosi luoghi di culto.
In questi mesi, abbiamo ragionato molto su come portare avanti questo nostro progetto comune, d’altronde quello che abbiamo passato e che tuttora stiamo attraversando è un periodo difficile e ancora da interpretare. Il Covid ci ha travolti, sconvolti, consegnandoci l’immagine di una societĂ convulsa, disordinata, mobile, complessa, variegata e imprevedibile. Allo stesso tempo si è generata tanto improvvisamente quanto repentinamente una crisi sociale ed economica di proporzioni immense, producendo un impatto immediato e catastrofico nella collettivitĂ e che trascinerĂ a lungo i suoi effetti.
Sono così emerse tutte le contraddizioni della società moderna. La fragilità dei sistemi mondiali di fronte alla pandemia ha evidenziato tutte le incongruenze di un’economia basata sulla libertà di mercato, che divide, che privilegia gli interessi personali, i bisogni momentanei, il consumo senza limiti. Ma è evidente che il “mercato” da solo non risolve tutto.
Ha altresì messo in luce la spietatezza di un individualismo radicale, indifferente, che inganna facendoci credere che tutto consiste nel dare briglia sciolta alle proprie ambizioni senza limitazioni, ed in cui contano unicamente gli interessi dei singoli, ma invece innesca solo conflitti e violenze.
Come porci allora di fronte a questi accadimenti, come reagire? All’inganno del “tutto va male” del “tanto nessuno può aggiustare le cose” l’allora Cardinale Jorge Mario Bergoglio rispondeva così ai suoi interlocutori: “E tu che fai?” – ”E noi che facciamo?”
IL TEMA
Nei mesi estivi, successivi alla prima ondata del virus, abbiamo pensato molto a quale tema potesse ispirarsi il festival e poi a inizio ottobre ci è venuta in aiuto la nuova Enciclica del Santo Padre “Fratelli tutti” basata sulla fraternitĂ e sull’amicizia sociale.
Ci ha chiaramente indicato la via: la “cura del prossimo”. Non poteva esserci momento migliore per proporre questa meditazione visto quello che sta accadendo nel mondo a causa del virus e non solo.
Il tema ufficiale della sesta edizione avrĂ dunque come parola chiave “FRAGILI” e l’interrogativo attorno a cui proporremo una riflessione sarĂ “Ed io avrò cura di te?”.
Perché è evidente, diciamolo, ci siamo evoluti in tanti aspetti, ma siamo analfabeti nel curare e sostenere i più fragili e i deboli delle nostre società sviluppate. Ci siamo abituati a girare lo sguardo, a passare accanto, a ignorare le situazioni finché queste non ci toccano direttamente. Un’inclinazione dell’essere umano a chiudersi nel proprio io, nel proprio gruppo, nei propri interessi meschini. Lo abbiamo visto spesso in questi mesi di lotta al virus ad esempio nelle immagini di abbandono delle persone anziane a una dolorosa solitudine.
Se poi basiamo l’economia sui criteri dell’efficienza, della competizione e sulla cultura dello scarto, è evidente che non c’è posto per i più fragili.
Cosa ci ha insegnato quindi il Covid? Sicuramente ci ha permesso di capire che non possiamo essere egocentrici, che, come dice Papa Francesco “nessuno si salva da solo, che siamo tutti sulla stessa barca”, che la strada è l’incontro con l’altro, il costruire un cammino comune. C’é bisogno di una via d’uscita positiva dalle difficoltà globali.
Avere cura della fragilità significa per prima cosa avere cura di coloro che sono fragili nelle nostre famiglie, nella nostra società . Ognuno dovrebbe essere capace di mettere da parte qualcosa di sé, delle sue aspettative, dei suoi desideri di onnipotenza per il bene di tutti, davanti allo sguardo concreto dei più fragili.
Nell’Enciclica viene riportata la parabola del Buon Samaritano, che ci permette di capire come l’incontro con il prossimo si basi fondamentalmente sul dono del proprio tempo. Davanti a quel ferito, e senza conoscerlo, il buon samaritano si è fatto prossimo e lo ha considerato degno di ricevere il dono del suo tempo.
Dobbiamo ricostruire una società a partire da uomini e donne che fanno propria la fragilità degli altri e che non guardano solo a se stesse, ma che rialzano l’uomo caduto.